27 Aprile 2021
CATEGORIA: NarrativaStorie di confine parte 1
All’inizio erano solo messaggi. Innocenti. Uno al giorno, dice. Poi ogni ora. Buongiorno amore mio, scriveva. Io non rispondevo. Nel giro di qualche settimana non li contavo più. Erano decine, centinaia di messaggi. Insistenti, dice. Insistenti, scrivo sul foglio. Ripasso la parola con la penna e la sottolineo tre volte.
Il dieci di febbraio sono uscita di casa per andare a lavoro. Lui era sotto il portone, dei fiori in mano. Non li ho accettati, mi spiega. Li ha buttati a terra e schiacciati con la scarpa, aggiunge, fino a ridurli in poltiglia. Io sono entrata in macchina, tremavo. Ai messaggi si sono aggiunte le chiamate. Erano decine, centinaia di chiamate, dice. A volte rispondevo, Lasciami in pace. Ribatteva con Mai, non lo farò mai.
Il quattro di marzo è apparsa una scritta nel muro del mio palazzo. Chiara 6 una puttana, in rosso, con la bomboletta spray. Ho pensato che potesse essere colpa mia, dice. Colpa mia, scrivo sul foglio. Ripasso le parole con la penna e le sottolineo tre volte, poi dico Se vuole possiamo fare una pausa. Si tira giù le maniche della maglia fino a coprirsi le mani e accenna un No.
Continua con Non dormivo la notte. Ho iniziato ad avere paura. Uscivo di casa solo per andare a lavoro, ma avevo la nausea. Ripensavo al giorno che ci eravamo conosciuti. Era una costante, mi martellava il cervello. Al mattino, al pomeriggio, la sera, la notte. Sempre, specifica. Annuisco, mi tolgo gli occhiali da vista e li appoggio sulla scrivania.
Ciao sono Andrea, mi aveva detto. Mi riempiva di attenzioni, mi sentivo desiderata. Sono stata una stupida, cazzo se sono stata una stupida.
Il quindici di aprile ha dato fuoco alla mia auto, dice. Ti amo amore mio, mi aveva scritto pochi minuti prima. L’ho denunciato, ma non è servito a molto. Ho smesso di uscire per andare a lavoro, continuavo ad avere la nausea. La mia vita si era trasformata in un incubo. Incubo, dice. Incubo, scrivo sul foglio. Ripasso la parola con la penna e la sottolineo tre volte.
Ho cambiato numero di telefono. Anche la serratura della porta, riflette. Non so perché, non ha mai avuto le chiavi di casa mia. Il due di maggio mi arriva una mail, Leggila!! nell’oggetto. Torna con me, sei la mia vita, c’era scritto. A quella ne sono seguite altre duecentotrentaquattro, tutte uguali. Tutte nel giro di poche ore. Sono corsa in bagno, ho vomitato anche l’anima.
Ormai era diventata una persecuzione, la sua voce mi rimbombava nelle orecchie. Ti amerò per sempre, diceva, e io ci credevo. Ci credevo, dice. Ci credevo, scrivo sul foglio. Ripasso le parole con la penna e le sottolineo tre volte.
Guidavo per tornare a casa, volevo rivedere Romeo dopo una lunga vacanza. Niente musica, i finestrini chiusi e tutti gli specchietti posizionati correttamente. Così il paziente, balbettando, mentre comincio a registrare la conversazione.
Ero fermo al semaforo, con la coda dell’occhio vedevo arrivare un’auto alle mie spalle. Somiglia a lei pensavo in quel momento, dice il paziente. Portava occhiali da sole e un cappello. Il semaforo era diventato verde, ho acceso la freccia di destra per poi accelerare e voltare a sinistra, volevo seminarla, ma sapevo che le mie erano semplici illusioni. La donna aveva accelerato prontamente subito dopo di me, aveva messo la freccia di destra e vi aveva girato.
Non era lei, sospiravo di sollievo. Poco dopo avevo ricevuto un messaggio, guidavo, non potevo accendere il telefono. Era arrivato un secondo messaggio, poi un terzo, un quarto e così via. Quest’uomo balbetta la sua storia grazie alla paura, penso.
Il traffico si faceva sempre più intenso, e i messaggi si erano trasformati in chiamate costanti, appena mi sono fermato davanti casa avevo spento il telefono, non potevo più sopportare di pensare a lei. Mi dirigevo verso la porta di casa, dice il paziente, poi il silenzio per qualche secondo, lo convinco a respirare con calma e ad aprirsi in quanto sia già consapevole di tutto.
Mi dirigevo verso la porta di casa, non avevo bisogno delle chiavi perché la serratura era stata scassinata, così il paziente incapace di trattenere le lacrime.
La casa era in ordine, non avevano rubato, ma in cuor mio già sapevo che non si trattava di ladri. Avevo chiamato Romeo a gran voce, ma non rispondeva. L’avevo cercato nella cuccia, in giardino e nel resto della casa ma niente. Ero nel panico, poi un odore, un odore nauseante di animale, veniva dalla cucina e con quell’odore arrivava il suono della carne mentre cuoceva. Ciò che ho visto in quella stanza non lo voglio raccontare, una frase era scritta sulla cappa, diceva Ti amerò per sempre, dice il paziente mentre concludo la registrazione.
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