28 Aprile 2021
CATEGORIA: ArticoloLa storia di Mirko – confinato in casa
Ho conosciuto Mirko quando vivevo a Londra. Era un ragazzo come un altro, ma poi la pigrizia e la voglia di arricchirsi lo hanno portato su una strada poco conveniente. Mirko è nato e cresciuto nella periferia di Roma, il padre è originario della capitale e la madre è Thailandese, ha anche due piccole sorelle: Sara e Jasmine. Questo ragazzo adesso vive in un paesino della campagna inglese. Lavora per una gang albanese che opera a Londra, il suo compito è coltivare piante di marijuana. Non può mai uscire di casa, perché è lì che lavora. La banda lo controlla molto, ha dovuto cambiare cellulare e cancellare i social, gli permettono di fare qualche telefonata, ma non è mai solo quando le fa. Io sono riuscito a mettermi in contatto con lui, e mi ha raccontato la sua storia.
Quando sei partito per Londra? E come ti sei sistemato?
Mi sono trasferito a Londra quando avevo 19 anni, mi ero stancato di vivere sulle spalle dei miei genitori, per di più poveri. Mi sono appoggiato a un’agenzia di Roma, mi hanno dato una stanza a Golders Green, nel quartiere ebraico di Londra, la dividevo con altri tre ragazzi italiani. In quella casa ci sono rimasto per oltre un anno, ho visto arrivare e andare via molte persone. La casa era piccola, una cucina tre metri per tre con un tavolo e quattro sedie, due bagni e quattro stanze. In totale in casa eravamo in dodici, la maggior parte Italiani.
In genere si sta per qualche mese in stanza condivisa, poi si ha la necessità di una propria. Ma io mi trovavo bene, in più una stanza condivisa ha l’affitto a metà prezzo rispetto a una singola. Ho fatto molti lavori: lavapiatti, night cleaner, runner, barback; sempre lavori in cui si parla poco, non ho mai imparato bene la lingua inglese.
Come sei entrato nell’industria illegale?
È iniziato tutto quando ho conosciuto un ragazzo libanese con cui lavoravo, mi vendeva grandi quantità di marijuana, otto £ al grammo. Dove vivevo giravano sempre molte persone, soprattutto nuovi arrivati in città. Era davvero facile rivendere, la mia strategia era di fare piccole quantità a un prezzo onesto: dieci £ al grammo. Al tempo lavoravo per un’agenzia che si occupa di pulire cucine, e avevo turni sempre notturni; di giorno invece vendevo, contando entrambi i guadagni, al mese riuscivo ad arrivare a 1800-2000£. Il lavoro notturno era faticoso e anche spacciare era stancante, molti si trasferivano in altri quartieri, e per raggiungerli usavo i mezzi, per consegnare la roba ci impiegavo pomeriggi interi. Con l’erba andava bene perché al contrario di altri piccoli spacciatori io non fumo, preferisco fare soldi piuttosto che sballarmi. In più per l’erba non è mai morto nessuno, perciò non ti senti in colpa a vendere questa ‘’droga.’’
Quando è cambiato tutto?
Qualche settimana dopo capodanno 2020 ho conosciuto Samir. Era venuto ad abitare nella mia stessa stanza, anche lui vendeva erba. In casa tutti prendevano da me, ma a lui non interessava, aveva il suo giro, perciò andavamo d’accordo. Un giorno mi disse che la banda che gli procurava l’erba cercava coltivatori per 2500£ al mese, affitto incluso e spesa pure. Io ero rimasto scioccato dalla quantità di soldi. Avevo già lasciato il lavoro notturno un mese prima e mi ero stancato di girare per Londra a vendere marijuana. Samir mi fece incontrare con uno della banda, un pezzo grosso. Mi disse che mi sarei dovuto occupare di 100 piante, tutte chiuse in quattro stanze con una luce al neon sul soffitto, in gergo l’erba che cresce così si chiama ‘’indoor.’’ Avevo coltivato qualche pianta a Roma con un amico, è facile e non devi neanche dedicargli troppo tempo. Il giorno dopo mi ha portato in macchina qui dove sto ora: è un paesino inglese di campagna, ci saranno sì e no 2000 abitanti. Ho tutta casa per me e dedico una sola ora al giorno alle piante. Passo le giornate a guardare serie tv, film, mi alleno, cucino e dormo un sacco. In totale fino a oggi ho fatto tre carichi, circa 300 piante, e se calcoli una quantità media di 40 grammi di erba a pianta sono davvero tantissimi soldi, in nove mesi.
Qual è il tuo confine?
Il problema più grande è che non posso mai uscire. Sono confinato tra le mura di casa. Per la spesa quotidiana ci pensa un ragazzo che ogni tanto passa a controllarmi. In genere ogni due settimane gli do un biglietto con una lista, non mi hanno mai dato dei limiti su cosa comprare, e lui va al supermercato e compra tutto. Ho dovuto cambiare sia il telefono che la SIM, su Instagram ho dato il numero ai miei amici di fiducia, pochi, e ogni tanto riesco a sentirli. Poi ho cancellato il social. Per quanto riguarda i miei genitori li chiamo ogni due o tre settimane, pensano che io sia ancora a Londra a pulire cucine, non ci tengo a dirgli la verità. Con il COVID mi va anche bene perché tanto nessuno può uscire, però ora che con i vaccini stanno riaprendo, per me è frustrante. Per di più c’è stata la Brexit e io non ho ancora fatto i documenti necessari, d’altronde non posso uscire a farli. Fortunatamente sto bene da solo, ma la noia è incessabile.
Hai pensato al futuro? Riuscirai a sconfinare?
Penso spesso, ma mai al futuro. Perché in questo genere di situazioni non c’è. Non ho mai chiesto a nessuno cosa succederebbe se io volessi andarmene; l’uomo che viene a ritirare l’erba, e che gestisce le case come la mia, gira con una pistola, e non me la sento di fargli certe domande. Ho un contatto con uno della banda che mi rinveste i soldi in criptovalute, che vengono girate su un conto che controllo io dal telefono. In caso mi arrestassero, quando sarò uscito dal carcere avrò ancora i miei soldi almeno. Penso alle mura di casa mia come al confine tra me e un mondo pieno di zombie pronti a mangiarti il cervello, così mi passa la voglia di uscire.
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