29 Aprile 2021

CATEGORIA: Racconto

So far, so near

“Quindi è davvero finita?”

“I numeri parlano chiaro, signor Presidente.”

“Numeri, numeri… ma voi analisti non sapete parlare d’altro? Con cosa vi portavate a letto le ragazze quando studiavate all’università? Facevate il calcolo delle probabilità di farvele?”

Grabowsky, uno degli analisti consiglieri per la campagna presidenziale, di solito aveva sempre una risposta logica e razionale alle provocazioni del Presidente, ma quella volta non parlò. La situazione era troppo tesa per cercare di calmare l’uomo più potente del mondo. Fare dell’ulteriore sarcasmo, poi, era fuori questione.

Il Presidente si alzò e incominciò a camminare in cerchio per la stanza. La luce del televisore era l’unica abbastanza potente da illuminare completamente l’ambiente, o quasi. Nessuno osava chiedere se non fosse il caso di accendere qualcosa di più forte e non le solite lampade dalla luce soffusa che il Presidente amava tanto. 

“Possiamo… chiedere un altro conteggio delle schede magari… i sondaggi ci hanno sempre dati in vantaggio, non mi sembra il caso di arrendersi ora.”

Chi aveva parlato con tono imbarazzato era Liamson, il Vice Presidente. Poveretto, pensò in quel momento il Presidente; siamo arrivati alla meta, al confine della nostra amministrazione su questo paese schifoso e quello pensa a ricontare le schede. È proprio vero che devi sceglierti un Vice quantomeno più imbecille di te, almeno non cercherà di fregarti, quello poco ma sicuro.

Mentre proseguiva la sua camminata circolare, il Presidente cominciò a pensare quanto quattro anni fossero pochi per imporre la propria visione e le proprie intenzioni a una nazione. Gli avevano insegnato una cosa all’università: “Sapete cosa significa uno staff che non sa prendere decisioni? Tempo perso. E sapete cosa significa tempo perso? Significa elezioni perse.”

Era proprio vero, pensò. Ogni minimo dubbio che lo potesse assalire riguardo il suo staff cominciò ad affiorare in quel singolo istante. Per calmarsi rispose a ogni domanda per conto proprio; erano persone intelligenti? Certamente, tutti laureati con master nelle migliori università americane. Erano persone sveglie? Certo, per la media di uno staff presidenziale c’era decisamente di peggio. Sapevano prendere decisioni in modo rapido? Non proprio.

Se la risposta era no anche solo a una di queste domande, quello staff era da scartare. Ma il giorno in cui li scelse, dopo essere stato appena eletto, la sua felicità era così incontenibile che non si fece tante domande. A dire il vero, per molte cose non si faceva tante domande. Era molto emotivo, e in quell’emotività riconobbe il primo passo falso della sua amministrazione. Uno dei tanti, si intende.

No… no… non devi essere paranoico, disse a sé stesso. Non vorrai mica finire come Nixon?

Finalmente si fermò al centro della stanza, per poi fissare lo schermo del televisore. 

Quel saccente di Grabowsky aveva ragione, pensò. I numeri parlavano chiaro. 418 grandi elettori contro 120, i suoi, ovviamente.

Era rimasta una cosa sola da fare.

Il Presidente voltò le spalle a tutti e si diresse verso l’uscita, aveva appena afferrato la maniglia quando si sentì chiamare alle spalle da Grabowsky.

“Signor Presidente! Dove sta andando?”

Nessuno disse nulla per circa quattro secondi, poi il Presidente aprì la porta, e prima di uscire disse: “Sapete cosa siete voi altri? Dei mocciosi neolaureati appena passati di grado.”

L’unico suono più forte della tv in quel momento fu la porta che sbatteva.

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