Filippo tiene lo sguardo basso sul sentiero polveroso, si sente addosso gli occhi di quel volto intagliato nell’albero insieme a quelli di Mira, a braccia incrociate di fianco a lui.
“Tu non saresti venuto per questo? Per un albero?”
“Non capisci.”
“No, infatti. Non capisco. Non capisco che senso abbia saltare ogni mio compleanno, rifiutarti di venire a trovarmi anche solo per un weekend, non venire a festeggiare il mio primo premio… neppure sei passato quella volta che mi sono rotta il femore, e va anche bene, ma almeno per la mia dannata laurea avresti potuto scomodarti. Ci si laurea una sola volta nella vita, non credevo fosse troppo chiedere di avere mio fratello accanto.”
“Mi dispiace, sul serio, ma dopo la rissa…”
“La rissa con Riccardo, certo. Che c’entra, ora?”
“È che… Io non ho il diritto di fare cose normali, di vivere in modo normale. Non dopo quello che ho fatto.”
Filippo camminò lungo il sentiero degli spiriti fino a trovarsi di fronte Riccardo, il solito atteggiamento strafottente.
“Dai, vattene, Mira non vorrebbe questo. Sa difendersi da sola e comunque ha deciso lei di lasciarmi.”
“Perché l’hai tradita, stronzo. Quindi non parlarmi di cosa vorrebbe!”
Un movimento fulmineo e le nocche di Filippo impattarono sul naso dell’avversario. Lui fece due passi indietro mentre una folata di vento piegava le chiome degli alberi. I due si fronteggiavano, baricentro basso e guardia alta.
Filippo evitò il veloce gancio destro dell’altro e gli colpì il costato con una gomitata. Lo sbilanciamento permise a una spinta di mandarlo pancia a terra. Mentre tornava in piedi si accorse di non provare dolore. Non solo; entrambi si muovevano come se di risse ne avessero fatte decine, ma almeno per lui questa era la prima.
“I secoli vi hanno appesantito, messere?”
Riccardo lo guardava dall’alto in basso con un volto che non riconosceva. Poi il ragazzo sentì la propria voce rispondere con parole non sue: “Vi ingannate, mi trovo solo disabituato ai vostri metodi villani”
I due si giravano attorno, si studiavano, i muscoli tesi.
“Mettete in dubbio il mio onore?”
“Avete rubato la virtù della mia innocente sorella e osate ancora innalzarvi a gentiluomo.”
“Vostro padre non mi avrebbe concesso il matrimonio.”
“Dunque la cosa più onorevole vi è sembrata rapire la fanciulla?”
“La amavo. Avrei affrontato una guerra per lei.”
“Difatti ne avete scatenata una,” concluse, lanciandosi sull’avversario. Vedevano i colpi susseguirsi veloci mentre la notte avanzava, incapaci di fermare i propri movimenti. Sentivano il suono degli impatti, vedevano il sangue, ma era come attraverso uno schermo; come se si trovassero in un cinema nel proprio cervello. Si ridussero a grumi di carne prima che uno dei due crollasse. Allora a Filippo parve di vedere figure evanescenti trascinare il corpo dell’altro; barcollò verso di loro, pochi centimetri, e svenne.
Alla fine del racconto Filippo resta senza fiato, gli occhi lucidi. Mira accenna un sorriso: “Eri ridotto parecchio male, sarà stato un delirio… gli spiriti sono leggende di paese, non puoi lasciare che ti rovinino la vita.”
“No, sono reali. Guarda.”
Il ragazzo prende un foglio stropicciato dalla tasca dei jeans e lo apre; si tratta di un vecchio volantino di persona scomparsa con la foto di Riccardo. Lo accosta alla figura intagliata nell’albero. I due volti hanno lineamenti identici.
Alessia Arpetti; Maryam Cherif