Nella piazza, difronte alla chiesa, Gabriel e Carlo stanno parlando seduti sulla panchina.
Ma quanto ci mette? chiede Carlo.
Aspetta che prendo la sfera di cristallo, risponde Gabriel.
Dai coglione, gli dice.
Però immagina se inventassero una roba simile, magari sul telefono, riusciresti a sapere cosa fanno le persone, risponde.
Inquietante, replica Carlo.
Una polo spunta da dietro l’angolo, ad alta velocità, e inchioda in modo brusco affianco al marciapiedi, a pochi passi dai due.
Allora, andiamo? Chiede Chiara.
I due ragazzi salgono in macchina sbuffando, le portiere vengono chiuse con forza.
Ma si può sapere dove dobbiamo andare? Chiede Carlo.
Prendi lo stradario che ti dico io, risponde Chiara.
Che palle però, volevo guardare il panorama, replica Carlo.
Ci vorrebbe la DeLorean di Doc, almeno potresti impostare la destinazione, dice Gabriel.
La manopola che regola il volume dell’autoradio viene ruotata verso destra.
Giornale orario, annuncia lo speaker, notizie in breve. Draghi, Il 31 marzo stop allo stato di emergenza e nuove regole sul green pass.
Ma speriamo cazzo, urla Gabriel.
Arrivano al locale, Chiara è a due passi più avanti di Gabriel e Carlo; presi in una conversazione sul calcio. Una ragazza si stacca da un gruppetto e corre verso di loro.
Ciao Marta, scusa il ritardo, ma ho dovuto aspettare questi due, le dice Chiara.
Che bugiarda, replica Gabriel.
Lo so non vi preoccupate, comunque piacere, Marta, dice ai ragazzi tendendo la mano verso di loro.
Gabriel e Carlo si presentano ed entrano nel locale a prendere da bere, mentre Chiara rimane fuori a conoscere le amiche di Marta.
Carlo è in disparte a parlare con una ragazza, appoggiato a un muretto.
Non sei di queste parti vero? Perché non ti ho mai vista, le chiede.
No infatti, gli risponde, sono di Genova.
Carlo si accende una sigaretta e le dice che al Fritz le facce sono sempre quelle, e che appena se ne vede una nuova si nota subito.
L’avevo capito, gli dice arricciandosi i capelli.
I due rimangono in silenzio per qualche secondo, in sottofondo il brusio del locale.
Come mai sei a Milano quindi? Le chiede.
Sono qua per lavoro, gli risponde, sviluppo dei progetti da inserire su internet.
Non sono molto pratico, le dice, quando devo usarlo chiedo sempre a un mio amico.
La ragazza fissa un punto indefinito della strada.
Richiesta di amicizia, sussurra.
Ma che cazzo stai dicendo? Le domanda.
No scusa, stavo pensando al progetto che sto sviluppando, risponde, fai finta che non abbia detto niente.
Lui annuisce e fa un sorso di birra dal bicchiere che ha in mano.
E te, che lavoro fai invece? Gli chiede.
Lavoro nel negozio di mio padre, ci occupiamo di orologi, le risponde.
Figo, allora quando ritorno ti posso portare l’orologio di mio nonno, magari puoi aggiustarlo, gli dice sorridendo.
In che senso ritorni, non ti fermi per molto? Le chiede.
No, torno domani, risponde. Ma se vuoi ti posso lasciare il numero di telefono, così quando vieni a Genova puoi farmi uno squillo.
Carlo sfila dalla tasca un blocchetto marrone e fa scorrere le pagine usurate fino alla prima pulita.
Usi ancora quel coso lì, gli chiede sorridendo.
Non vado molto d’accordo con la tecnologia, risponde.
Carlo segna il numero di telefono, e affianco aggiunge la scritta Alessia – numero di casa.
Perfetto, le dice, allora ci sentiamo.
Si salutano baciandosi sulla guancia, lei si allontana dal bar mentre Carlo si ricongiunge a Chiara e Gabriel.
Carlo apre gli occhi e stacca la testa dal finestrino. Aspetta che il flusso di gente diminuisca, e con lo zaino sulle spalle si alza in piedi e si stiracchia. Uscito dalla stazione di Piazza Principe si incammina verso il porto, a piedi. Dopo un centinaio di metri intravede la sopraelevata, e dietro di essa il mare; su cui galleggiano grosse navi da crociera, e altre barche di varie dimensioni. Arrivato in piazza Caricamento Carlo entra in una cabina telefonica. Tira fuori il blocchetto dallo zaino, inserisce le monete nella piccola fessura affianco alla cornetta, e fa un respiro profondo.
Pronto, chi è? Chiede una voce di donna.
Salve sono Carlo, un amico di Alessia, lei è in casa?
No mi spiace, ma quando torna posso dirle di richiamare, risponde.
Il problema è che sto chiamando dal telefono pubblico, le dice, perché non sono di qui. Non sa dirmi dove posso trovarla?
Puoi provare al bar di Bruno, risponde, lei lavora là. Ma non saprei dirti la via, comunque è vicino alla Cattedrale.
Farò un tentativo, le dice, grazie mille.
Il sole sta tramontando e il cielo si colora di rosso. Carlo Cammina lento, con le mani attaccate agli spallacci dello zaino, e chiede alle persone che incontra se conoscono quel bar. Un signore sulla cinquantina decide di accompagnarlo, e nel tragitto Carlo gli spiega perché si trova a Genova.
Ecco, è questo qui, gli dice il signore.
Grazie Enrico sei stato gentilissimo, se vuoi ti offro un caffè, propone Carlo.
No devo scappare, comunque in bocca al lupo per la figgetta, risponde.
Lui alza la testa, e vede una ragazza con il grembiule nero che sta pulendo un tavolino con uno straccio.
Ciao Alessia, le dice agitando la mano.
Carlo, gli dice abbracciandolo. Se hai voglia di aspettarmi tra mezz’oretta stacco.
Carlo appoggia lo zaino su una sedia e le dice che per lui va bene. Alessia afferra un vassoio di plastica, con sopra delle bottiglie vuote e delle tazzine sporche di caffè, e scompare dentro il bar. Quando esce dal locale lei indossa dei jeans chiari e una magliettina nera; Carlo la osserva avvicinarsi con il braccio appoggiato al tavolino.
Andiamo a mangiare, gli chiede, sto morendo di fame.
Ci sto, risponde, ti seguo.
Mentre camminano per le vie strette lui le racconta che è la prima volta che viene a Genova, e le dice che si è già innamorato della città e delle persone. I due ragazzi si fermano sotto l’arcata di un portico.
Siamo arrivati, spiega Alessia.
Carlo osserva il banco di marmo del negozio che hanno di fronte; dove due uomini stanno maneggiando del pesce. La vetrina opaca divide la cucina dalla fila di clienti, e su di essa sono appoggiati dei fogliettini numerati.
Faccio io va bene? Chiede lei.
Mi fido, le risponde con la mano appoggiata al petto.
Il cielo stellato si specchia sul mare, la città splende sulla costa e sale verso le colline. Carlo e Alessia sono seduti su una panchina vicino al porto. In mano hanno delle buste marroncine zuppe d’olio; dalle quali prendono piccole manciate di calamari fritti.
Allora, come sta andando la roba di internet? Le chiede.
Il progetto intendi? Gli dice.
Sì, risponde, hai sviluppato qualcosa che ci cambierà la vita?
Alessia sorride e si pulisce le mani con una salvietta.
In realtà sì, gli dice, stavo pensando di creare una specie di sito dove si possono inserire delle foto; che vengono condivise con altre persone, magari con una didascalia.
Scusa se te lo dico, risponde, ma chi è che avrebbe voglia di fare tutto sto sbattimento. Non penso che a qualcuno importi farsi gli affari degli altri.
In effetti la gente ha di meglio da fare, gli risponde, però avevo iniziato a pensare anche al nome.
Sarebbe? Chiede Carlo con un sorriso ironico.
Avevo pensato all’unione tra le parole “instant camera” e “telegram”, però non so, risponde.
Cazzo che fantasia, le dice scoppiando a ridere.
Riccardo Sanità
riccardosanita.studia@mohole.it