…l’uomo con la mascherina è un uomo di buon senso.
Capitolo I – Io volevo solo dar la caccia ai leoni di montagna
Coraggio, un bel respiro.
Conto fino a undici e nel mentre mi tiro su il fazzoletto a coprirmi bocca e naso. Difficile, molto difficile, di ‘sti tempi e da ‘ste parti, respirare come si deve.
Sia dannato quel giorno di fine gennaio che mi sono lasciato convincere di lasciare le montagne per venir quaggiù. Mi son fatto trascinare come l’ultimo dei preti incaprettati, e per cosa? Per arrivare a ‘sto buco lercio e polveroso, dimenticato da Dio e dagli uomini.
Ehi!
Ho detto uomini, non federali. I federali son mica uomini, gente.
Quelli là l’han decisa da tempo da che parte stare, e state pur certi ormai che di umano non gli resta granché.
Seguire Dutch e i cani matti che chiama fratelli, pessima idea!
Avrei dovuto declinare, sarei dovuto uscirmene con una scusa, la casa, Susan, i ragazzi, la spalla ancora ballerina. Ma come fai a dire di no a Dutch?
Un modo ci sarebbe anche: rispondere “no”, e senza perdere un attimo chinare la testa e fissarsi le punte degli stivali, così da non incontrare quegli occhi di pietra, gelidi e statici come rocce in inverno. Ma in fondo lo sapete, gente, che io non sono di sicuro il tipo da chinare la testa davanti a nessuno, nemmeno a quelli come Dutch.
E a volerci vedere bene, alla fine un po’ di grana torna sempre comoda.
Non ce la faccio più.
Mi sorprende mica che se ne siano andati quasi tutti, randagi compresi. Oltre ai pigs, sono rimasti il reverendo, gli alcolisti di paese e i nostri futuri nuovi amici. Il resto, diciamo quelli con ancora un briciolo di sale in zucca, se la sono battuta a gambe.
Come biasimarli?
Persino le puttane, a un certo punto, devono averne avute piene le tasche di ‘sto cesso di città malarica. Mi consola il fatto che mi tratterrò giusto giusto per gli affari, nient’altro. Il tempo di un buongiorno, grazie e alla prossima. Tra un giorno o due potrei essere già per i boschi di Pronghorn, o male che vada sottoterra.
Be’, sempre meglio sottoterra, che a far la muffa qui nel New fuckin’ Austin.
È il segnale.
Lancio un’ultima occhiata al gruppo e poi mi rivolgo al giovane Charles, riparato insieme a me nel retro.
Non fare casini, gli dico.
Charles è giovane, tiene il sangue caldo come tutti i nativi d’America ma allo stesso tempo è astuto e avveduto. I pigs ci saranno addosso nel giro di pochi minuti, bisognerà fare un lavoro pulito. Niente stupidaggini, niente eroismi.
Lascio che sia Charles, con i suoi passi felpati di lince, a sorprendere e spezzare il collo dell’ultima guardia, dopodiché siam dentro.
Eccoli, i nostri nuovi amici.
Li riconosci subito, i cristiani che lavorano in banca. Hanno lineamenti fragili, sensibili al minimo cambiamento. Sembra proprio che invecchino precocemente rispetto agli altri uomini, dev’essere la paura con cui convivono ogni giorno, sì, è per forza così. È sorprendente però notare i modi in cui reagiscono alla paura: alcuni si congelano, altri schizzano come schegge impazzite.
Questo pelorosso, per dire.
Io son stato chiaro, appena entrato:
Fermi tutti! Che nessuno si muova! Parlo forse un’altra lingua, gente?
Detesto sprecare così le pallottole, ma più di tutto, detesto chi fa l’esatto contrario di ciò che ho appena ordinato.
Di Francesco Bruni