2 Aprile 2020
In cortile ci sono tanti bambini. Sono stati accuratamente distanziati per evitare inconvenienti, ma ci sono. Alcuni giocano con i gessetti, colorano l’asfalto dando forma ai loro sogni. Comunicano con il cielo e con gli altri bambini, che affacciati ai balconi urlano mammamamma vieni a vedere, voglio andare giù anche io, ti prego. Le mamme invece si affacciano preoccupate su quei colori vivaci, li guardano con un’espressione indecifrabile. Sanno che non devono abbassare la guardia, se vogliono che quel colore continui a illuminare il cortile della loro casa.
Da quando è iniziata la quarantena c’è più silenzio per le strade, nei cortili dei condomini però è tornato il vociare dei bambini. Non sono più soli. Abbandonati nelle scuole come oggetti dimenticati, e neppure rinchiusi, immobili davanti a uno schermo colorato. I genitori sono tornati e non hanno più scuse. Non ci sono più orari adesso e neppure impegni irrevocabili, e così i bambini hanno la meglio. Ogni loro capriccio è un ordine.
Mettendo in standby l’opprimente pessimismo della televisione, degli sms, e delle email, ho deciso di godermi un po’ gli ultimi raggi di sole della giornata che scivolano dentro casa attraverso la finestra aperta. Guardo di sotto e mi soffermo a osservare quei colori, quei bambini distanti, ognuno appartato nel suo angolino. A volte si incontrano, tentano di scambiarsi qualche parola, ma vengono subito ricacciati indietro dai genitori.
Il gioco del giorno però, quello che attira maggiormente la mia attenzione, è quello di una famiglia riunita al centro del campetto da schettinaggio. Il padre e la figlia stanno disponendo a terra alcune palle a lato di una striscia di corda tesa. La madre li guarda in disparte. Quando hanno completato la disposizione prendono una scatola e la mettono a qualche metro dalla fine della corda. Sembrano soddisfatti. Il padre fa un cenno verso la moglie di avvicinarci e con reticenza lei lo fa. Si mette a spiegare il gioco, ma io non riesco a sentirlo da qua su. Indica le palle e poi la scatola e poi si mette su una gamba sola e saltella. La figlia ride. Anche la moglie. Quando la bambina fa il primo turno di gioco capisco anche io cosa bisogna fare: partendo dall’estremità della corda, reggendosi in equilibrio su un piede solo, bisogna raggiungere con un salto la pallina più vicina, per poi lanciarla, cercando di fare canestro nella scatola. Si prosegue così, alternando ogni volta una pallina che si trova a destra e una a sinistra della corda, fino all’ultima. Alla fine si contano i punti. Dieci, grida la bambina lanciando le braccia in aria e correndo verso il padre. Ora tocca alla madre. Il marito da vero gentiluomo la fa passare davanti sorridendo. Cinque. Undici. Tredici. É così che ci si diverte ai tempi del Covid-19. Ognuno in famiglia. Ognuno nel suo cortile. Accuratamente distanti, torniamo bambini insieme.

22 settembre 2020
Anche oggi mi affaccio sul cortile ma i bambini non ci sono più. La scuola è ricominciata e l’unica cosa che colora l’asfalto sono le foglie secche cadute dagli alberi. L’unica presenza che ancora si aggira abitualmente per il cortile è un vecchio gatto grigio che abita al primo piano. È tornato ad essere lui il padrone di questi luoghi di passaggio. C’è anche qualche signore ogni tanto, che avanza lento con il suo bastone cercando di rimettersi in forma. Pochi rapidi scambi di sguardi. Brevi saluti. Nessuna grande emozione.
Di Matteo Luisi