Che vita da cani! – Parte Seconda

Mi sembrava una mattina come tutte le altre. Quando la sveglia è suonata, ho preso il cellulare in mano come al solito e l’ho posticipata. Una, due, tre volte. La sveglia continuava a suonare. In un attimo ho realizzato che non dovevo andare da nessuna parte. L’attimo dopo, ho realizzato che anche se avessi voluto, non avrei potuto andare da nessuna parte. Così mi sono girata dall’altro lato, ho abbracciato il cuscino e ho continuato a dormire. Era ormai l’ora di pranzo quando ho messo i piedi a terra.

Buongiorno scodinzolina, mi spiace dirtelo ma da oggi il mondo è diverso. 

Ho portato giù il cane bardata come una black bloc, piazza, giro rapido dell’edicola e di corsa verso casa. Abbiamo incontrato Rufus, un labrador nero, ma non potevamo fermarci; anche il suo padrone ha cambiato strada. L’amore mio mi guardava con gli occhi spalancati, puntava le zampe ogni tre passi, il naso in ascolto. 

Il pomeriggio è stato statico, desideravo fare una corsa al parco, camminare, andare in libreria, godermi quel tempo che improvvisamente era vuoto e che di solito era riempito dal lavoro. In un attimo ho realizzato che quel tempo non era un regalo. L’attimo dopo, ho realizzato che se anche lo fosse stato, non avrei potuto condividerlo. Così mi sono seduta alla scrivania, sono rimasta al computer per un paio d’ore mentre il mio cane dava chiari segni di insofferenza. 

Devo ignorarti cipollina, non si può uscire. 

Ha messo in scena una performance da Oscar. Ha iniziato a muoversi nervosamente, mentre si dimenava emetteva urla secche e acute, poi si è seduta di fronte a me e ha fatto partire dalla gola una lunga e straziante nenia. Si è sdraiata e mi fissava, con le sopracciglia in su e gli occhi languidi, per completare la sceneggiata. Le ho fatto un po’ di coccole, nel tentativo vano di calmarla. Mi sono messa a letto, ho guardato una serie televisiva, lei era sulle mie gambe.

Alle sei e mezza ho deciso che era tempo di farle prendere aria, abbiamo ripercorso all’inverso il giro della mattina. C’era anche Argo, un meticcio bianco a macchie arancio, e Bella, una cagnolina vecchia e bisbetica che, non si sa perché, va d’accordo solo con il mio cane. Allontanarci e fare dietro front è stato difficile. L’ho dovuta strattonare per bene, e nonostante tutto continuava a tirare. 

Non mi guardare così, vedi che non è colpa mia!

Sul divano, guardavamo la televisione. In un attimo ho realizzato che non conoscevo i programmi televisivi. L’attimo dopo, ho realizzato che anche se li avessi conosciuti, non mi sarebbero interessati. Ho spento la televisione e sono rimasta lì per un po’. Lo schermo era nero. 

Dopo cena siamo uscite, stesso consolidato percorso.  

È andata avanti così per un po’. Le giornate scorrevano senza orologio. Lo schermo della televisione nero, il computer surriscaldato. Il cane impazzito. In un attimo ho realizzato che aveva assunto quel piangere e dimenarsi come comportamento ordinario. L’attimo dopo, ho realizzato che se anche lo avesse fatto, non avrebbe smesso di soffrire. Qualche volta prendevo la pallina, gliela lanciavo nei dodici metri quadri del soggiorno, lei la recuperava subito. Qualche altra volta, le nascondevo i biscottini in giro per casa e glieli facevo cercare. Mi divertivo anche io, anche se durava poco. E durava sempre meno. Ha iniziato a seguirmi ovunque, ogni movimento che facevo mi veniva dietro. Non ero abituata ad avere un’ombra, è sempre stato un cane indipendente. Io il letto, lei il divano; io il bagno, lei la camera da letto; io la cucina, lei anche la cucina… indipendente sì, ma con qualche eccezione. Adesso invece le eccezioni si erano trasformate in regole. Persino in questo il mondo pareva ribaltato. Se ero seduta al computer mi leccava le ginocchia e si appollaiava sotto la scrivania. 

In un attimo ho realizzato che eravamo rassegnate. L’attimo dopo ho realizzato che se anche non lo fossimo state, nulla sarebbe cambiato. Almeno eravamo insieme.

Di Martina Costantino

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