I numeri rossi della sveglia proiettati sul soffitto lampeggiano ininterrottamente. Tick, tick, tick. Sono le cinque del mattino, di sabato. Perché sono sveglia? Non lo so. La mia stanza è ancora avvolta dal buio. L’unico punto luce arriva da fuori. Si intromette sempre tra le persiane e le tende bianche, senza mai chiedere il permesso. Era come se sentisse il bisogno di ospitare quella stanza.
Mi guardo in giro. So che non ce la farò più a riaddormentarmi. Lo conosciamo già questo giochetto. Tu mi dici delle cose nell’orecchio e io ci penso per il resto del giorno, della notte e della settimana. Io mi giro nel letto e provo a pensare ad altre cose ma quando sento che sei sparito dalla mia testa, ti appoggi sul mio petto.
È così. Non è vero? Non negarlo. Ti piace. Senti soddisfazione nel vedere la gente soffrire. Sei un masochista.
Mi hai proibito di alzarmi dal letto, mi hai proibito di uscire di casa, hai spento il telefono quando mi chiamava Chiara e persino quando mi chiamava la mamma. Mi hai rassicurato dicendomi che andava tutto bene, che non avevano bisogno di te. Mi sussurravi sempre le stesse parole “Non illuderti ogni volta che vibra il telefono. Nessuno ti sta cercando.” E io ti credevo. Sapevo che avevi ragione.
– Sì, avevi ragione. Voglio dire. Guardati! Sei un caso perduto, fai pena. Quella maglietta; quando è l’ultima volta che l’hai cambiata? Fa schifo, guardala! Che cos’è quella? Zuppa? Sugo? E quei capelli? Ti dico solo che, quei ricci sono diventati dei ciocchi da rasta. É normale che nessuno ti voglia parlare. Hanno tutti perso la speranza e la voglia di riprovarci a farti diventare una persona normale e per tua informazione, No! Non mi piace vedere la gente soffrire. Mi piace punire la gente che se lo merita. E vedendoti in questo stato, decisamente non meriti nient’altro che vivere nella tua immondizia.
Ha ragione. Me la sono cercata da sola, e ora devo affrontare le conseguenze.
Neanche se ci provassi troverei la motivazione per alzarmi. Non ho il coraggio, né la forza di volontà per contraddire quello che mi dice la mia testa. Perché mai dovrei fare questo sforzo, se posso restare qui? Tanto non ha senso. Niente ha senso. E come se ogni volta che si accende quella piccola scintilla di speranza e trovi la forza di scalare verso l’alto, ti rendi conto che tutto ciò non ha senso, che non te lo meriti e rimani lì, ferma, senza saper dove andare.
L’ora della sveglia continua a lampeggiare sul mio soffitto. Tick, tick, tick. Sono le cinque del mattino, è lunedì.
Di India Marie Herring