Fuori dalla Stazione Centrale di Milano i taxi fermi ad aspettare clienti sono parcheggiati in doppia fila. I tassisti scambiano qualche parola coi colleghi, appoggiati alle portiere. Molti rimangono in auto, con il cellulare in mano, gettando soltanto qualche sporadica occhiata al flusso costante di uomini e donne che sfreccia loro accanto. Qualcuno accende il motore e parte, alla ricerca di maggior fortuna in qualche altra stazione.
Maurizio, tassista a Milano da sette anni, sorride amaro alla mia domanda sul come sia composta la clientela di adesso:“Lavoro con la vecchina che deve andare alla clinica o con il privato che parte per lavoro. La chiamata da parte di un turista è un evento più unico che raro,” mi spiega. Ha ripreso a lavorare il 13 giugno dopo tre mesi di stop, in cui non ha cercato di scendere in strada, timoroso di ammalarsi e passare il Covid alla moglie che soffre di una malattia autoimmune. “Farò cinque, sei corse al giorno se è una giornata buona. Lavoro il 70% in meno rispetto a gennaio.” Prima del lockdown Maurizio arrivava a fare quindici, sedici corse ogni giorno, ora la maggior parte del tempo lo passa ad aspettare in auto.

La situazione non è diversa in Garibaldi, dove i taxi fermi compongono un lungo cordone bianco che costeggia la stazione. Qualcuno scende dall’auto per fumare una sigaretta o sgranchirsi le gambe; i più rimangono seduti, in compagnia della mascherina appesa allo specchietto retrovisore e di spray disinfettanti di varia natura. L’ultimo della fila è Nicola, tassista a Milano dal 2005. “Ho ripreso a lavorare subito il 18 maggio – mi dice – con l’inizio della fase due. Durante il lockdown ho pensato di scendere in strada, ma avrei caricato soltanto aria e l’aria non paga.” Anche lui dalle dieci, dodici corse giornaliere è passato a farne tre o quattro. La gente si sposta poco e chiama un taxi soltanto se non ha altre opzioni.
Sono cambiate le norme anche per il trasporto dei passeggeri. “Su un’auto da sette posti come questa posso occuparne tre. Due qua dietro, ai lati, e il terzo in fondo, nel posto centrale. Se sono dello stesso nucleo familiare posso portarne anche quattro o cinque, l’importante è che rimanga sempre libero il posto accanto al mio.” Nicola prende il suo copilota dal sedile, un sacchettino che deve portare sempre con sé. All’interno ci sono spugnette, straccetti, guanti, Amuchina e alcol. “Devo disinfettare tutto a ogni corsa, i sedili, le cinture di sicurezza, l’interno della portiera. Dovrei anche indossare i guanti monouso, ma mi è impossibile guidare e usare il navigatore con quelli addosso, per cui tengo un gel a portata di mano e mi disinfetto spessissimo, soprattutto dopo che tocco i soldi.”
Quando gli chiedo del futuro, Nicola è ottimista. Secondo lui la situazione non può continuare così per molto, presto la gente avrà voglia di viaggiare di nuovo e di farsi portare sotto il portone dell’albergo in taxi. “Non può piovere per sempre, no?” mi dice, prima di accendere l’auto e andare via.
Fermo con il suo taxi in stazione Lambrate, in compagnia di altre sei vetture, seminascoste dagli autobus pronti a partire, Mario, tassista da due anni e mezzo, ha ripreso a lavorare a inizio giugno, dopo essere rimasto fermo tre mesi. “Con chi viaggio? – mi dice – una ragazza ieri ha chiamato da Cologno e mi ha chiesto di portarla alla fermata di Udine. Erano le nove e avrebbe dovuto aspettare quarantacinque minuti a Cologno il passaggio della metro successiva, per questo si è fatta portare in una zona dove i convogli passano con più frequenza, ecco come lavoriamo adesso.”
Mario mi racconta che il comune di Milano non li ha aiutati in nessun modo. “Ho dovuto munirmi di mascherine, guanti, paratia, il tutto a mie spese. Per quel pezzo di plastica ho speso 70 euro, ma conosco colleghi che ne hanno spesi 120, anche 150.”
Come Nicola e Maurizio le corse che riesce a fare ogni giorno si sono ridotte a tre o quattro, ma rispetto a loro Mario è più pessimista: “Fino a che non ci sarà un vaccino efficace la situazione sarà questa, il tutto sperando che non ci sia un secondo lockdown a ottobre o novembre.”
E mentre Mario riparte borbottando, un altro taxi si ferma in stazione. Il tempo di far scendere un paio di ragazzi e poi riparte. Forse ci sarà un nuovo lockdown o forse no, ma comunque vadano le cose, non può piovere per sempre no?
Di Alessia Scala Bertolin