Alle cinque di mattina della domenica di Santa Messa, un cigolio dell’antico letto e uno scricchiolio del ginocchio si accordano come strumenti per suonare il risveglio di Don Gino. Come di consueto il buon parroco comincia la giornata con una preghiera, davanti alla cara foto di Papa Francesco, appesa a chiodo sulla parete austera della sua stanza. Poi zoppica fino a uno specchio davanti al quale lusinga con un pettine i capelli superstiti sulla nuca.
Dio mi perdoni, pensa il don, mentre indossa la tunica. Infatti, si è fatto convincere dai più giovani parrocchiani a fare questa “messa in streaming”.
«Senza fedeli, pensa! Che messa sarà…» dice alla foto del Papa agitando le mani in preghiera. Se non altro il chierichetto Pietro sarà con lui per aiutarlo con la videocamera e tutte quelle diavolerie informatiche.
A vederlo così, coi jeans in cima alle scale della chiesa, l’aspetto di Pietro increspa un sorriso sulla bocca di Don Gino; di certo non è il Pietro che si augurava di trovare ad attenderlo davanti alla casa del Signore.
Prima di cominciare, il don estrae un santino del Papa, versione portatile della foto in stanza, e lo bacia. Un rivolo di sudore scorre lento sulla testa del parroco al momento di iniziare la Santa Messa. Davanti a lui nessun fedele, solo l’oscuro occhio dell’obiettivo di una videocamera. Nel rispetto dell’istituzione Don Gino recita messa come se fosse davanti a tutti i suoi parrocchiani, immaginandoseli anche, e l’agitazione iniziale lascia spazio alla parola di Dio. La voce divina arriva così forte al povero don, che nel tentativo di scendere energicamente le scale mette un piede su un cavo collegato alla videocamera.
La caduta, rovinosa e a tratti spettacolare, lascia Don Gino dolorante e attonito sul pavimento freddo della navata. Eroicamente, si rimette in piedi e conclude la celebrazione.

«DON,DON! Sei diventato famoso!» urla Pietro, correndo verso di lui nel cortile dell’oratorio, con il telefono alto come la paletta di un vigile.
Don Gino guarda con orrore le immagini che si susseguono sul cellulare: la sua caduta non è stata solo ripresa dalla videocamera, ma l’intero Stivale lo ha visto e rivisto rotolare come uno sciocco giù dalle scale del presbiterio. Che vergogna, che umiliazione! Esser ripreso, in un gesto così maldestro, da quella maledetta videocamera. Se lo immagina già, il povero don, di recitar messa coi fedeli che ridono sugli scranni di legno, coprendosi i volti con le mani.
È proprio vero, pensa, mentre si chiude dietro la porta della sua stanza, che la tecnologia non fa nulla di buono. La luce del sole delle sei di pomeriggio lo colpisce seduto, con la schiena afflosciata, sulla vecchia sedia di vimini davanti alla finestra.

È mattina, e Don Gino viene interrotto nella sua colazione dall’arrivo di Suor Marzia, che spalanca la porta della stanza. Ecco, un altro scocciatore venuto per farsi una foto con il prete imbranato, pensa il parroco con un Oro Saiwa in mano. Avrebbe di gran lunga preferito avere ragione, il don, invece la suora gli comunica che al telefono in cucina non lo attende nessun scocciatore, ma la Curia di Roma. Così Don Gino lascia il biscotto a un solitario abbraccio con il the caldo e si veste rapidamente, in preda al panico. Corre giù per le scale e nella testa prende forma il suo incubo più grande: gli toglieranno la parrocchia di Montalbero. Fare una messa online, e poi cadere così… No, non sarà niente di buono, è sicuro.
Mentre afferra la cornetta nera nell’angolo con le cipolle della cucina, il don cerca di scacciare con un gesto Suor Marzia e le altre sorelle che lo spiano da dietro la porta.
«Pronto?»
Don Gino ha solo il tempo di aprire la bocca in segno di stupore, prima che il suo interlocutore si riveli in maniera inequivocabile. Dall’altra parte del telefono c’è la calma voce di Papa Francesco.
Indescrivibile la meraviglia che alberga nella mente di don Gino nei pochi minuti della conversazione, in cui il pontefice elogia la sua volontà e il coraggio. «Ci servono persone come lei che hanno il coraggio di rialzarsi», dice.
Circa un’ora dopo, il prete ancora incredulo è seduto su una sedia in giardino, vicino all’albero di mele piantato con i bambini più di cinque anni prima. Nella mente di Don Gino una sola idea si fa spazio tra l’emozione del sogno realizzato: Le vie del Signore, e di Internet, sono davvero infinite.
Di Umberto Losi