Close-up di un puzzle scomposto

Parte di un puzzle

Come si dice a una persona, Voglio farne parte?
Ma sì. Del suo tempo. Della sua vita. Delle risate e delle paure. Come lo dici se qui è tutto relativo?
Un giorno ti svegli e non puoi più abbracciare chi vuoi. Lo dicono ovunque, in televisione, su internet. 

Le persone non hanno memoria storica di una pandemia – che poi, cosa significa pandemia? Per definizione: è un termine che indica un’epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti.
Le generazioni più anziane ricordano la guerra, ragazzi giovani che partono in missione e lasciano tutto alle spalle. Ripongono speranze e mancanze dentro lettere scritte a mano.
Qui si ripongono in messaggi, vocali. Videochiamate, live, qualsiasi cosa. 

Notizie belle e brutte si susseguono, anche se è come vivere sempre lo stesso giorno. Le stesse stanze. Gli stessi pensieri. Si inizia a riflettere su questa terrificante cosa che è la vita e di nuovo ci si chiede, come si dice a una persona, Voglio farne parte?

Ieri treni zeppi di persone, marciapiedi affollati. Abbracci e baci sulla guancia anche a quelli appena conosciuti.
Oggi distanza ferrea, misurata. E la mascherina, così è difficile leggere il labiale. Sussurrare qualcosa di indicibile all’orecchio di qualcuno. 

Il tempo scandito da un orologio impantanato nel tempo stesso. L’attesa di un messaggio cade lenta da un grattacielo di cinquanta piani. La speranza prende le sembianze di un individuo. Un essere umano al di là dello schermo che rassicura, condivide passioni, coltiva sentimenti. E quando il cuore sboccia, lo lascia lì, ad appassire.
Arrivano caratteri digitali, ora si abbracciano quelli. Carezze di Mi manchi e Ti abbraccerei.

Tra le mura di casa i sentimenti insorgono, vengono avvolti dalla paura, poi dalla noia. Una cascata di pensieri attraversa la testa e lo stomaco. Esce dagli occhi, dalla bocca.
Succederà davvero? Alla fine di tutto ci si accarezzerà allo stesso modo? E come si dice a una persona, Voglio farne parte?

Per distrarsi si tirano fuori scatole di puzzle, si mischiano i pezzi, le immagini si confondono. E ci si ritrova a comporre il disegno della nostra vita. I bordi sono famiglia, lavoro, interessi, amici. Si incastrano i pezzi, alcuni di questi entrano a fatica. Il lavoro non più adatto, tutto in pochi mesi ha rallentato. Si riscoprono passioni, altre vengono dimenticate o messe da parte. Quella persona non è più la stessa, il suo pezzo non si incastra più. 

Quando i bordi sono completi, si passa al centro. La parte complessa, quella che mostra l’immagine. Un susseguirsi di pezzi sbagliati, all’inizio. Incastrare i pezzi è difficile se il disegno non è chiaro. E quella persona al di là dello schermo dice, Voglio farne parte. Il suo pezzo entra di forza, spinto dalla speranza, e da mesi anestetizzati. Il colore è sbiadito rispetto a tutto il resto, prende le sue sembianze. Per fare spazio, metti da parte altri pezzi.

Alla luce del sole, ognuno ha un puzzle diverso, con immagini e pezzi diversi. Alcuni simili si riconoscono, altri sono opposti. Alcuni danneggiati, altri meno. Nessun disegno risulta meno bello rispetto a un altro.
Colori caldi e freddi. Figure astratte e concrete. Affascinanti a modo loro. Si mette a fuoco la parte centrale di ognuno. Non rappresenta un’altra persona, solo loro stessi. Quello che li rende felice. E quello che li rende felice è costruito fatto con tanti pezzi, tutti diversi, tutti unici. Quelli che a volte si mettono da parte.

Non si può dire a qualcuno, Voglio farne parte, perché non sempre il pezzo si incastra. Cambia forma, come il mondo dopo una guerra o una pandemia. Cambia dopo l’assenza di mesi, cambia dietro la mascherina. E alla luce del sole, anche l’immagine non è più la stessa.


Di Carlotta Pinto

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