mi viene naturale, fin troppo, pensare alla mia missione su questa terra. Quel che dovrò portare a termine, trovare il destino a cui son stato assegnato. O forse creare il destino che ritengo più giusto, più sensato.
Sono visioni diverse che nell'ignoto valgono uguale.
Eppure potrebbe essere che vivere non richieda nulla che vivere. E' una tesi vecchia come vivere e magari è solo uno degli infiniti destini. A me pare tanto il mio.
Bere un bicchiere d'acqua accanto la finestra, camminare senza più fatica, i riflessi della luce di primavera sui muri e nei boschi, guardare negli occhi le albe e alcuni tramonti, leggere quando il giorno finisce, imparare quel che sembrava impossibile. Un mucchio di cose ma singole, frammenti, legati dal tempo, dal nulla, dall'esserci.
Per questo vado in cerca del mio monastero perché fuori da esso questi piaceri son difficili. C'è troppo altro a cui badare, c'è l'economia, ci sono lingue che non capisco.
Invece una stanza, delle mura di pietra, un orto ed un pozzo. La notte la luce di una sola candela. A quale epoca corrisponde tutto questo? Non so davvero cosa ci faccio qui ma non importa.
Forse vivere richiede soltanto vivere e non manca mai molto.
Ho dei libri, qualcuno da sognare, una terra in cui muovermi. Dentro ci sono i miei frammenti