ho sempre pensato che avrei trovato casa mia in una radura su di un pendio, in montagna. Nemmeno troppo in basso, cioè nemmeno troppo vicina al suolo e alla pianura o al fondo valle. Dove le strade sono semplici e i rumori provengono più dall'economia che dai boschi.
Poi un giorno ero lì che camminavo con uno zaino di chili in spalla, accanto all'oceano e guardando più in basso ho visto una delle tante mie case. Quella che incredibilmente, se mi venisse chiesto a bruciami il pelo saprei dire, tra tutte. La più in basso che ho nella memoria ma sovrasta qualsiasi altra in archivio.
La casa sul mare.
Se credevo di conoscermi a logica e pensieri questa è la solita smentita. Eppure in verità chi è così folle da credere di conoscersi soltanto a logica? Madonna mia!
E quindi mi chiedo al solito: dove stradiavolo sono le chiavi? Come si entra da quella porta? Che poi è una casa piccola solo a guardarla da dov'ero ma dentro ci si potrebbe mettere intere famiglie. O addirittura un clan.
E promette autarchia. L'orizzonte quando serve, trascinando una barca in mare. Gli interi silenzi dei vuoti, delle risacche e dei prati. Cose così, finché non c'è stato che da proseguire a camminare e rimpiangere.
Succedeva anni fa ma non c'è tempo né distanza per questo.